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PRECISAZIONI sull'articolo "Tassi sui mutui truccati, l’Europa non pubblica provvedimento contro le banche: “Istituti in pericolo”
Buongiorno, sono l’avv. Andrea Sorgentone ed ho visto con piacere che aveTe pubblicato sul vs. sito l’articolo de “Il Fatto Quotidiano”.
Se possibile prego di fare le seguenti precisazioni:
“Quello che l'articolo (ben fatto) non dice è che l'obiettivo della CE è far passare il tempo, di modo che si prescriva tutto (lo sono già i pagamenti fatti a gennaio 2006). Tutti gli interessati devono quindi interrompere la prescrizione. Troverete istruzioni ed un fax simile su www.sorgentone.com oppure www.sosutentisardegna.com. Poi non è esatto che non è possibile iniziare le cause: con il provvedimento della CE il Giudice Civile italiano è vincolato, ossia non può che darVi ragione, ma senza di esso può comunque accertare la manipolazione, tanto che ho iniziato da tempo delle cause in tal senso, nelle quali, poi, avendo chiesto per tempo copia del provvedimento alla CE, potrò depositarlo una volta ottenuto. Il consiglio quindi è di interrompere la prescrizione e di citare subito la banca alla quale aveTe pagato interessi non dovuti. E non pensate che essendo "piccoli" dobbiaTe soccombere alle banche: una volta ottenuta la sentenza saranno obbligate a restituirvi il maltolto”.
Cordiali Andrea Sorgentone (393/9117643)
Tassi sui mutui truccati, l’Europa non pubblica provvedimento contro le banche: “Istituti in pericolo”
Altro che sofferenze e bail in. Per tutte le banche europee, e non solo per quelle italiane, c’è una grana che potrebbe costare, in teoria, centinaia di miliardi di euro e che la Commissione europea, in grave imbarazzo, non sa come gestire. Si tratta della gigantesca truffa sull’Euribor, il tasso di riferimento a cui sono agganciate le rate dei finanziamenti a tasso variabile. Nel dicembre 2013 l’Antitrusteuropea, guidata dal vicepresidente della Commissione Joaquìn Almunia, ha multato per 1,7 miliardi di euro quattro grandi banche, Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale, per un accordo di cartello finalizzato a manipolare l’Euribor. Da allora quella sentenza è segretata. La sua pubblicazione aprirebbe le cataratte dei risarcimenti. Un avvocato italiano, Andrea Sorgentone, collegato all’associazione Sos Utenti, sta preparando un ricorso alla Corte di Giustizia europea contro il successore di Almunia, la commissaria Margrethe Vestager.
Le ragioni dell’imbarazzo sono evidenti. La multa affibbiata da Almunia, poi ridotta a poco più di un miliardo dal patteggiamento, è basata sulla “confessione” della Barclays, che pentendosi si è guadagnata il perdono. A maggior ragione rimane fermo quanto accertato: per almeno tre anni, dal 2005 al 2008, l’Euribor è stato truccato. Chiunque avesse debiti a tasso variabile o derivati legati all’andamento dei tassi ha pagato alle banche (a tutte le banche, non solo alle quattro colpevoli) più del dovuto.
L’Euribor (Euro Inter Bank Offered Rate) misura gli interessi che le banche si pagano per i prestiti tra loro. Viene rilevato quotidianamente con un sondaggio telefonico tra alcune decine di banche di un panel. Le possibilità di manipolazione del risultato sono intuitivamente ampie.
Mentre Bruxelles continua a indagare su altre banche, gli strascichi giudiziari sono pesanti. A Londra si è appena aperto il processo penale contro 11 operatori finanziari di varie nazionalità. A Trani il magistrato specializzato Michele Ruggiero ha aperto un fascicolo per truffa. E in numerosi tribunali civili d’Italia e di tutta Europa stanno partendo raffiche di cause per ottenere dalle banche i risarcimenti.
La faccenda è talmente grossa che Commissione Europea e governi nazionali – normalmente pronti alla zuffa su tutto – hanno trovato facilmente una tacita intesa sullo stendere un velo di silenzio e scansare il problema. E si capisce il perché: secondo Il Sole 24 Ore la manipolazione dell’Euribor riguarda una massa di prodotti finanziari (dai derivati ai mutui casa) superiore ai 400 mila miliardi di euro, circa 200 volte il debito pubblico italiano. Se le banche europee dovessero restituire anche solo l’1 per cento di quella cifra, si troverebbero di fronte un conto da 4 mila miliardi di euro.
Per avere un’idea delle dimensioni del caso basta l’esempio dei mutui casa italiani. Tra il 2005 e il 2008 si può stimare che le famiglie italiane con mutuo a tasso variabile fossero indebitate con le banche per circa 220-230 miliardi e che in quegli anni abbiano pagato, per la quota degli interessi commisurati all’Euribor, circa 30 miliardi. Secondo le ipotesi di Sorgentone sulla manipolazione dell’Euribor, 16 di quei 30 miliardi dovrebbero essere restituiti. Ma c’è anche l’ipotesi più estrema, sostenuta da Antonio Tanza, legale dell’Adusbef: l’irregolarità renderebbe nulli i contratti di mutuo e le banche dovrebbero dunque restituire, come minimo, tutti i 30 miliardi.
Nel 2013, Almunia annunciò la severa decisione con parole di fuoco: “La cosa scioccante dello scandalo Euribor non è solo la manipolazione degli indici, ma anche la predisposizione di veri e propri cartelli tra un certo numero di attori della finanza. Vogliamo trasmettere chiaramente il messaggio che la Commissione è determinata a combattere e a multare questi cartelli del settore finanziario”. Ma dal giorno dopo gli uffici di Bruxelles hanno opposto un vero e proprio catenaccio alle pressanti richieste di pubblicare la sentenza, per poterla esibire ai tribunali.
Sorgentone ha fatto la sua prima richiesta due anni fa, nel gennaio 2014, e gli fu risposto che la “versione pubblica” non era ancora pronta.
Dopo molte insistenze, il 28 ottobre scorso l’avvocato italiano ha ricevuto una lettera piuttosto perentoria del direttore generale della direzione Concorrenza, il tedesco Johannes Laitenberger, braccio destro della Vestager. La richiesta di accesso agli atti è stata respinta per due ragioni. La prima è che la divulgazione del documento “arrecherebbe pregiudizio” alle indagini ancora in corso contro altre banche. La seconda è che le regole europee tutelano la riservatezza delle banche condannate: con la sentenza verrebbero divulgate “informazioni strategiche circa i loro interessi economici e le operazioni e lo sviluppo dei loro affari”. È vero, ammettono gli uomini della Vestager, che questo diritto alla riservatezza soccombe di fronte all’interesse pubblico, ma Sorgentone ha chiesto copia della decisione sul caso AT/39914 per usarla nella causa di un suo singolo cliente contro la Banca Nazionale del Lavoro.
E nella sua domanda “non ha addotto argomenti che consentano di individuare un interesse pubblico prevalente”. Roba da Azzeccagarbugli: per la Direzione Concorrenza va dimostrato l’interesse pubblico in una sentenza che riguarda milioni di risparmiatori e aziende di tutta Europa e può valere migliaia di miliardi di euro.
Non si tratta di maltrattamenti riservati agli italiani. Anche la società tedesca Edeka Handelsgesellschaft Hessenring ha fatto identica richiesta, ha incassato identico diniego e ha fatto ricorso. Sorgentone si è rivolto all’ufficio Trasparenza del Segretariato generale della Commissione europea, inutilmente. Dopo ripetute lettere dilatorie, tre giorni fa il capo dell’ufficio Martin Kroeger gli ha scritto che “la procedura volta a ottenere una versione non riservata della Decisione è ancora in corso” e che “non è al momento possibile prevedere esattamente quanto tempo sia ancora necessario”. Sono passati due anni e due mesi e ancora Bruxelles sta trattando – con le banche condannate – i termini di pubblicazione della sentenza. E adesso avete capito perché.
da Il Fatto Quotidiano del 14 febbraio 2016
Per snellire la giustizia è necessario riattivare l'istituto della mediazione
di Bruno Ferraro (Presidente Aggiunto Onorario Corte di Cassazione) Libero, 10 febbraio 2016 Ogni anno, con l'apertura dell'anno giudiziario presso le Corti di Appello e di Cassazione, si ripete il ritornello di una giustizia troppo lenta, i cui tempi sono ben al di sotto degli standard europei e non invogliano gli investitori stranieri a operare sul nostro territorio. Discorso analogo si fa sulla burocrazia, che fa perdere fino a cento giorni di lavoro all'anno, giorni sottratti all'attività di impresa. Nel 2010, con l'introduzione della mediazione obbligatoria, si tentò un deciso passo in avanti, allineandosi ai Paesi europei e americani che la praticano dagli anni Settanta con esiti positivi. Personalmente, sposando la cultura della mediazione, ne sottolineai l'utilità, la modernità, un'intrinseca superiorità rispetto alla stessa giurisdizione. Quest'ultima infatti risolve un contenzioso con pesanti costi ed enormi ritardi, mentre la mediazione restituisce alle parti un ruolo di protagonisti, aiutandole a trovare, con la collaborazione di un mediatore terzo, una soluzione equilibrata, che soddisfa entrambi i litiganti ed evita penosi strascichi giudiziari. L'obbligatorietà delle procedure di mediazione era necessaria per innescare un processo virtuoso che avrebbe trasformato una realtà di irriducibile contrapposizione facendo nascere nel nostro Paese quella cultura della mediazione che, altrove, si è ormai affermata. Sappiamo come è andata. L'ostilità della categoria forense è stata immediata, fondandosi su argomentazioni in gran parte strumentali: impreparazione dei mediatori, costi, durata delle procedure. A nulla è valso rimarcare l'esistenza di corsi di formazione e aggiornamento, la presenza di tariffe ministeriali, la vigilanza sugli organismi, la previsione di una durata molto contenuta rispetto ai tempi del tribunale. È intervenuta ad un certo punto la Corte Costituzionale che non dichiarò illegittima la mediazione ma che il governo, introducendo l'obbligatorietà, aveva violato la delega conferitagli dal Parlamento incorrendo in un eccesso. Molti organismi hanno chiuso per impossibilità di sostenere i costi (una sede, almeno due segretari, una fideiussione bancaria di notevole importo). Gli interventi successivi del legislatore sono stati meri palliativi. L'obbligatorietà è stata limitata a poche materie: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con un altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, contratti bancari e contratti finanziari. La mancata partecipazione alla procedura non è stata adeguatamente sanzionata. L'obbligo per il legale di informare il cliente sulla possibilità della mediazione si risolve in una firma apposta in calce a un prestampato. Si è data la possibilità di far comparire innanzi al mediatore non le parti ma i loro legali: gli avvocati sono diventati mediatori di diritto, quindi esentati dall'obbligo di frequentare un corso di preparazione. E stata introdotta la cosiddetta negoziazione assistita, strumento con cui gli avvocati possono evitare la mediazione anticipandola attraverso libere trattative stragiudiziali. Il bilancio è sotto i nostri occhi. Crescono i giudizi, si allungano i tempi, aumentano i costi, la giustizia civile attraversa una crisi profonda. Quale speranza per uscire dalla "morta gora"? La speranza riposa nei giudici e nell'Europa. I primi possono ampliare gli spazi della mediazione delegata, assegnando alle parti un termine per effettuarla. L'Europa potrebbe e dovrebbe intervenire per sanzionare la sostanziale disapplicazione, da parte dell'Italia, dell'istituto. Ci pensi soprattutto il governo Renzi, se lo vuole, ad adottare le contromisure. Per essere, almeno in questo, veramente europei. |
Pecoraro (ANPAR): «Siamo soddisfatti per l’attenzione della Commissione Europea»
«La Commissione Europea ci ha comunicato di ritenere “ricevibili”, a norma del Parlamento Europeo, le questioni sollevate con la nostra petizione dello scorso anno»: così Giovanni Pecoraro, giurista d’impresa e Presidente di ANPAR - Associazione Nazionale per l’Arbitrato & la Conciliazione. «Avevamo chiesto di verificare se con la legge (98/2014), in materia di mediazione, erano state introdotte norme che oltre a essere anticostituzionali, ledevano i diritti dei cittadini poiché non esiste volontaria giurisdizione da parte di questi, nel senso che è proibito al cittadino e al consumatore di gestire esse stesse il procedimento di mediazione, ma è stata imposta l’assistenza obbligatoria da parte di avvocati in detti procedimenti; ma ha anche affidato agli ordini professionali dell’avvocatura canali privilegiati quali essere mediatori di diritto e di provvedere ad aggiornamenti professionali diversi da quelli stabiliti dal D.M. 180/2010. Non è possibile che questi ordini possono dettare regole e/o avere controllo su altre Associazioni e/o ordini regolamentati. La materia extragiudiziale come giustamente stabilito dalle Direttive europee è di esclusiva competenza di organismi di mediazioni sorvegliati dal Ministero di Giustizia», prosegue Pecoraro.
«ANPAR ritiene assurdo che il mediatore e l’organismo debbano gratuitamente svolgere il primo incontro di mediazione, mentre obbligatoriamente i cittadini debbano farsi assistere da un avvocato, che è mediatore senza formazione e senza adeguata preparazione in materia di risoluzione di controversie extragiudiziali. La materia, secondo la Commissione rientra, infatti, nell’ambito delle attività dell’Unione Europea. La Commissione ha altresì comunicato di aver avviato l’esame della petizione e di aver deciso di chiedere alla Commissione Europea di svolgere un’indagine preliminare sui vari aspetti del problema», aggiunge il Presidente di ANPAR.
«Siamo soddisfatti per l’attenzione che la Commissione Europea sta ponendo su temi tanto delicati quali la risoluzione di controversie extragiudiziali e la qualità della vita dei cittadini, indipendentemente dall’esito che le verifiche avviate avranno», conclude Pecoraro.
Controversie dei consumatori nazionali e dell'U.E. senza l'obbligo di assistenza legale.
Con l’entrata in vigore del d.lgs. 6 agosto 2015, n. 130, entro il 9 gennaio 2016 secondo quanto previsto dal Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1051 della Commissione, accanto agli organismi di mediazione entrano nel sistema extragiudiziale anche gli organismi ADR, ai quali spetta il compito di risolvere le controversie, nazionali e transfrontaliere, tra consumatori. I procedimenti hanno una durata massima di 90 giorni e sono quasi gratuiti; inoltre, le parti potranno partecipare alla procedura ADR senza l’obbligo di assistenza legale. L’obiettivo di tale previsione è quello di offrire al consumatore una serie di strumenti alternativi, rapidi ed economici, di risoluzione della controversia senza dover necessariamente ricorrere al giudice statale. Dall'attenta lettura del citato regolamento par di capire, che l'efficacia "dell'obbligatorietà della mediazione e l'assistenza legale", vigente oggi nel nostro Paese ,previste nel decreto legislativo 28/2010 e D.M. 180/2010, non hanno più motivo di esistere. Allo stato, secondo quanto affermato dal Dipartimento Giustizia dell'U.E la Direzione generale del ministero di Giustizia non ha ancora inviato l'elenco degli organismi idonei e tecnicamente organizzati alla "Piattaforma" per cui i consumatori italiani sono costretti a non poter risolvere eventuali controversie con fornitori e/o clienti facenti parte dellU.E.